Usi il cervello solo a metà
Cosa accade quando un emisfero domina sull’altro, e perché potremmo aver perso la capacità di connessione con il mondo senza accorgercene
I due emisferi del nostro cervello percepiscono il mondo in modo molto diverso. Con l’aiuto delle ricerche più recenti delle neuroscienze, in questo articolo esploro le differenze tra emisfero destro e sinistro, perché la nostra cultura ci porta a privilegiare il sinistro, che cosa ci perdiamo nel farlo e quali disposizioni potremmo coltivare per tornare in equilibrio.
Questa consapevolezza è cruciale perché, come sostiene lo psichiatra Iain McGilchrist nel suo lavoro monumentale sull’argomento:
È venuto alla luce un mondo sempre più meccanico, frammentato, decontestualizzato, segnato da un ottimismo ingiustificato mescolato a paranoia e a un senso di vuoto, riflettendo, credo, l’azione incontrastata di un emisfero sinistro disfunzionale.1
Prima di proseguire, prenditi un momento per osservare quest’immagine. Cosa ti comunica? Tendi verso una delle due parti? Che sensazioni diverse ti danno?
Il modo in cui percepiamo il mondo, lo cambia
Come nell’immagine qui sopra, una delle caratteristiche del cervello è quella linea al centro che lo divide a metà. “Ciò è strano”, scrive McGilchrist, “poiché lo scopo del cervello è creare connessioni”.
Quella separazione è un prodotto evolutivo sofisticato. Dato che i due emisferi svolgono funzioni diverse, ci consente di prestare due tipi di attenzione diverse al mondo, entrambe necessarie.
L’emisfero destro coglie l’insieme, il contesto, le relazioni. Nel mondo animale ha tra le altre funzioni quella di scandagliare l’ambiente per cogliere al volo l’eventuale presenza di pericoli, come predatori in agguato.
L’emisfero sinistro si concentra sui dettagli, sugli oggetti separati. “La preoccupazione principale dell’emisfero sinistro è l’utilità”. Vede il mondo come meccanismo da manipolare, come risorse da utilizzare. È la parte che nel mondo animale riconosce una preda.
L’emisfero sinistro e quello destro creano due versioni del mondo coerenti, diverse e spesso incompatibili, con priorità e valori contrastanti.
Indovinate quale dei due è diventato dominante nella nostra cultura?
Capire razionalmente, determinare obiettivi, contare soldi, performare, competere… L’educazione, il lavoro, la tecnologia, l’informazione: tutto incentiva l’uso dell’emisfero sinistro.
Come scrive McGilchrist:
Gli emisferi prestano diversi tipi di attenzione al mondo: per afferrare e prendere per il nostro uso personale, o per creare una connessione ed esplorare.
Ed è qui il punto fondamentale:
Il tipo di attenzione che prestiamo al mondo cambia la natura del mondo a cui prestiamo attenzione.2
Se cogliamo del mondo alcuni aspetti a discapito di altri, finiremo per agire nel mondo rafforzandone alcune caratteristiche e tralasciandone altre. E così finiamo per creare un mondo esterno a immagine e somiglianza della nostra percezione menomata: un mondo di oggetti, cemento, regole, transazioni, isolamento. Un mondo senz’anima.
Cosa ci perdiamo
Abbiamo bisogno di entrambi gli emisferi – di entrambi i mondi – per vivere in modo soddisfacente. Ma, come suggerisce McGilchrist, l’emisfero destro è “il padrone” e il sinistro “l’emissario”. Il destro coglie il senso, la connessione, la totalità; il sinistro traduce questa comprensione in azioni pratiche.
L’Occidente ha invertito questa gerarchia, riducendo il mondo a un insieme di elementi separati, manipolabili, “fondamentalmente privi di vita”.
Allan Schore, psicologo e ricercatore statunitense che ha ricevuto nel 2022 un premio alla carriera da parte dell’Università di Roma “La Sapienza” per le sue ricerche3, scrive:
Sostengo che, nelle esperienze umane, a dominare è l’emisfero emozionale destro e non quello linguistico sinistro, e che i problemi basilari dell’esistenza non possono essere compresi a fondo senza affrontare quest’argomento cruciale.
Le più complesse funzioni umane, quali regolazione dello stress, intersoggettività, umore, empatia, compassione, etica e creatività, hanno tutte luogo nell’emisfero destro.
I modelli neurobiologici interpersonali clinici di cambiamento terapeutico si stanno spostando dalla parte sinistra a quella destra, dalla mente al corpo e dal sistema nervoso centrale a quello autonomo.4
Un’altra psicologa, Bonnie Badenoch, aggiunge:
Sembra possibile che questa stessa dominanza dell’emisfero sinistro sia fonte di traumi continui, poiché molti di noi vivono in uno stato crescente di disconnessione.5
Dando priorità al sinistro abbiamo rinunciato al mondo che vede il destro: “un mondo unico, dove la qualità è più importante della quantità, un mondo essenzialmente animato”.
Come ristabilire il senso di connessione
Occorre quindi “ristabilire il primato dell’emisfero destro”. Ma come?
McGilchrist scrive che il destro è “al servizio della connessione, dell’esplorazione e della relazione”. E aggiunge: “Direi che la qualità distintiva del mondo dell’emisfero destro è che tutto è nelle relazioni, ciò che io chiamo l’essere tra”.6
Durante la mia formazione da community organizer negli Stati Uniti, una delle lezioni più trasformative fu proprio sulla centralità delle relazioni. I community organizer passano l’80% del loro tempo in incontri uno a uno, gli “incontri relazionali”, che descrivono in un modo che ricalca la divisione tra le diverse priorità dei due emisferi:
un’opportunità di mettere da parte le pressioni, i compiti e le scadenze del giorno per sondare un’altra persona, guardare nel suo talento, energia e visione.7
Uno dei più celebri community organizer li descrive come:
Una forma d’arte in cui uno spirito va dietro un altro spirito per creare una connessione, un confronto e uno scambio di talento e energia, portando infine a un qualche tipo di azione comune.8
Conosco il potere trasformativo della connessione umana perché l’ho visto e praticato in prima persona.
Da mesi lavoro alla creazione di una percorso che ho chiamato IN RISONANZA, un termine che indica uno scambio relazionale ed energetico, la trasmissione di un suono, una vibrazione, una connessione tra persone.
L’idea è quella di una palestra per pratiche raffinate e testate nel tempo, che uniscono le conoscenze della neurobiologia interpersonale con l’arte del relazionarsi autentico, un processo che porta a riacquisire – naturalmente e con gradualità – le competenze relazionali “esiliate dalla modernità”9:
riconnettersi al sentire del corpo
stabilire sicurezza psicologica
imparare un ascolto sintonizzato
esprimere il non detto
apprendere ad affrontare rotture e riparazioni
sperimentare il piacere della connessione (gioco, danza, canto, contatto)
agire in modo coordinato e creativo per riparare il mondo
E, su queste fondamenta, creare con lentezza comunità reali e non oppressive.
Se ti interessa puoi lasciare la tua email qui per ottenere il programma e saperne di più:
https://rigenerazionale.eo.page/inrisonanza
Iain McGilchrist, “Il padrone e il suo emissario: I due emisferi del cervello e la costruzione dell’Occidente”, Utet, 2022
Idem
Qui il suo intervento in occasione del conferimento del premio: https://annals-general-psychiatry.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12991-022-00420-3
Allan N. Schore, “Verso un nuovo paradigma della psicoterapia”, in “La scienza e l’arte della psicoterapia”, Istituto di scienze cognitive, 2016
Bonnie Badenoch, “The Heart of Trauma: Healing the Embodied Brain in the Context of Relationships”, WW Norton & Company, 2017
Iain McGilchrist, “The Divided Brain and the Search for Meaning”, Yale University Press, 2012
Cynthia Perry, “IAF: 50 years. Organizing for change”, Industrial Areas Foundation, 1990
Edward T. Chambers, “The power of relational action”, Acta publications, 2009
Definizione presa in prestito dal collettivo Gesticolando verso un futuro decoloniale: https://undergrowth.world/rec-about


